lunedì 21 dicembre 2015

I passi indietro che confermano i risultati

Erica al pianoforte, un'apertura importante alle vibrazioni e alle emozioni


Come sempre accade nell'ambito delle terapie non farmacologiche, le conferme in merito ai risultati ottenuti si manifestano giorno per giorno e, spesso, in modi non convenzionali, o che quantomeno contrastano con le nostre aspettative.

APPROFONDIMENTO SUL WONDERING

Quando abbiamo parlato di Erica nel precedente articolo, ho sottolineato la sua difficoltà a fermare la deambulazione compulsiva e a concentrarsi in attività più evolute. È interessante approfondire questo aspetto, per comprenderne meglio le caratteristiche e il significato bio-psico-spirituale.
Il wondering su un piano simbolicoappare un continuo vagare alla ricerca di qualcosa che non si conosce. Neppure si comprende. Manifesta su un piano fisico un'inquietudine profonda e inarrestabile. Spesso, questo bisogno è accompagnato da una quasi completa chiusura relazionale. Quando ciò avviene, la rappresentazione esistenziale è ancora più esplicita: il rimuginare interiore, che viene compromesso dalla malattia, si sposta dal dentro al fuori, e alla perdita di controllo dei pensieri risponde il movimento corporeo. Le gambe in continuo movimento sono così lo spostamento psicopatologico del movimento incontrollato del pensiero.È probabile che chi come Erica manifesta una grande rigidità del corpo, dell'espressione del viso e della postura, fosse in passato una persona forte, abituata a mantenere il controllo delle situazioni, a gestire con determinazione e rigidità, appunto, i diversi aspetti della propria vita. Per questo tipo di persone, la “perdita della mente” rappresenta una delle esperienze più terrificanti che si possa immaginare. Possiamo pensare a quali movimenti inconsci avvengano dentro a Erica, dal momento in cui inizia a comprendere di non potersi più fidare di se stessa e di non poter più avere il controllo sulle cose.
Il ritiro avviene quindi necessariamente. Una chiusura rigida da tutto che sembra proteggere e permettere di gestire la rabbia, la paura e la fragilità. Ma il movimento vitale che si ritira internamente, deve in qualche modo manifestarsi. Ed ecco che si sviluppa il wondering.
All'insieme di queste dinamiche, che mi permetto di intuire sulla base della mia esperienza e di quello che ho potuto osservare negli anni di lavoro con diverse persone affette da demenza, se ne accompagna spesso un'altra che ne è naturale conseguenza: privarsi di qualunque possibilità di provare piacere e sperimentare la gioia.Erica, come molti altri nella sua situazione, non “vuole” più aprirsi alla sorpresa e alle emozioni intense, soprattutto se positive. Perché?
Le possibili risposte possono essere diverse e articolate. Possiamo ipotizzare che per Erica un certo tipo di coinvolgimento emotivo possa produrre due effetti:
- sentire l'energia interna che torna ad alzarsiattraverso emozioni forti può accentuare la percezione di perdere ulteriormente il controllo;
- il senso di colpa inconscio per la malattia e il dolore che si sta producendo dentro di sé e in chi le sta accanto può portare a non sentire il diritto di provare piacere per qualche cosa. A questi aspetti si collegano strettamente i percorsi di vita, gli atteggiamenti avuti e codificati per tutta la propria esistenza.

LE ACQUE, LA VIBRAZIONE SONORA E L'EMOZIONE

Tornando all'inizio della relazione, ho suggerito che una buona conferma che si sta percorrendo la strada giusta la si può trovare osservando “i passi indietro” che si fanno negli incontri successivi a quello che ha prodotto un risultato sorprendentemente positivo.
Ricordiamo che nell'ultima seduta Erica è rimasta a suonare al pianoforte per una ventina di minuti. Questo aspetto non è un effimero risultato fine a se stesso, che può in qualche modo glorificare l'ego del musicoterapeuta, ma è un vero passaggio ricco di significati emozionali, che credo sia importante esplicitare.
Dai primissimi incontri, i suoni hanno prodotto in Erica movimenti emozionali potenti. Ne è prova il fatto che più di una volta ella ha sentito un impellente bisogno di urinare. Tale necessità non è stata espressa serenamente, come una banale necessità giornaliera, bensì con un senso di angoscia molto forte. Quel movimento delle acque interne altro non è che il rimettersi in moto del mondo emozionale profondo a contatto con la vibrazione sonora, che Erica ha sentito intensamente e ha percepito, di nuovo, come rischio di perdere il controllo. L'ospite ha anche più volte espresso in modo chiaro la forte ambivalenza che prova in relazione alla musica e all'impegnarsi a suonare. Sedersi è già difficile. Ma sedersi per suonare il pianoforte o il tamburo armonico rappresenta una grande sfida emozionale.
Per questo motivo, dopo due mesi di lavoro, vedere che Erica si fida di rimanere nella stanza dei suoni, di fare le passeggiate musicali con piacere e di sedersi a esplorare il pianoforte per circa venti minuti ininterrotti, vuol dire prendere atto di un percorso di apertura e di espressione di sé molto significativo. Non sorprende quindi osservare nella seduta successiva che l'ospite non se la sia sentita di ripetere questa esperienza. Ma vediamo più da vicino cosa è accaduto nell'ultimo incontro, del 15 dicembre.

DUE PASSI AVANTI, UN PASSO INDIETRO?

Durante l'ultima seduta con Erica, sono almeno tre le evidenze che vorrei illustrare.
Intanto, la piacevolezza della passeggiata musicale mi viene confermata esplicitamente da Erica in ben tre momenti. Nel preciso istante in cui torna a “casa” con il suo carrellino che tocca il pianoforte e dall'accordo di dominante passo enfaticamente a quello di tonica, Erica ad alta voce mi comunica “che bello!”, con un sorriso accennato ma chiaro. Come descritto nel precedente articolo, e come questi episodi confermano, la passeggiata musicale non è un banale e vuoto vagare senza senso, bensì un luogo simbolico di incontro relazionale ed espressivo nel quale la musica funziona da mediatore, attraverso il rispecchiamento sonoro e una precisa costruzione armonica.
In secondo luogo, la passeggiata musicale si è ampliata. Erica ha cioè deciso di esplorare lo spazio anche in altre modalità, più creative rispetto alle precedenti. Questo fatto è stato da me evidenziato con l'improvvisazione musicale con alcuni arricchimenti armonici. In particolare, l'esplorazione dello spazio “di mezzo”, tra la porta e il pianoforte, è diventato armonicamente un passaggio a una scala diversa, distante una quinta eccedente dalla tonica di riferimento, ovvero un tritono di distanza. La forza musicale della relazione dei tritoni è nota, e non è mio interesse approfondirlo in questa sede. Serve però sottolineare che l'esplorazione che si amplia e diviene meno stereotipata è un chiaro segnale di presenza, di partecipazione emotiva al “gioco” che si sta facendo e rinforza le affermazioni di piacere espresse da Erica.
Infine, è accaduto che Erica non sia riuscita a suonareil pianoforte. Uso questa espressione in modo preciso. In diversi momenti durante l'incontro, dopo una mia proposta o per sua spontanea volontà, Erica si è avvicinata alla tastiera del pianoforte, ha suonato alcune note rimanendo in piedi, ha accennato a sedersi, ma non c'è “riuscita”. L'emozione sollecitata da questo avvicinamento e, a mio avviso, il ricordo inconscio della gioia provata nella seduta precedente, l'hanno bloccata e spaventata. Naturalmente, non ho insistito e ho accolto le sue difficoltà. Ho cercato di rassicurarla e di comunicarle di potersi permettere di sperimentare ancora quell'attività, ma di fronte alla sua ambivalenza così chiara, così piena di senso, mi sono fermato. Serve del tempo, per interiorizzare queste esperienze e continuare a cercare un modo diverso di aprirsi e tornare in un contatto positivo e funzionale con le proprie emozioni.


In conclusione, sia che si tratti di “passi avanti” (come la chiara comunicazione della bellezza delle passeggiate musicali) o di “passi indietro” (come l'incapacità di stare alla tastiera del pianoforte), i risultati emersi ci indicano che ci stiamo muovendo nella direzione giusta, nel tentativo di costruire un rapporto terapeutico efficace per aiutare Erica a ritrovare per quanto possibile fiducia in se stessa e tornare ad aprirsi maggiormente al mondo esterno.  

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